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Consigli in pillole

Se hai qualche dubbio sulla lavorazione dei nostri preparati o qualche termine non ti è chiaro, saremo lieti di risponderti se ci invierai una e-mail o compilerai l'apposito modulo "contatto". Prima di inoltrare una richiesta, prova però a consultare l'elenco delle domande ricorrenti di seguito enunciate, magari troverai la risposta che cercavi. Grazie.



1. VAPORE NEL FORNO: che cosa vuol dire infornare con vapore?
A livello professionale, perché non si formi una crosta eccessiva che blocchi lo sviluppo in forno del pane, i forni sono dotati di un sistema che spruzza del vapore all'interno della camera di cottura, che viene azionato appena il pane va infornato. In mancanza si può vaporizzare manualmente un velo d’acqua sul pane al momento d’infornare, con un normale spruzzatore o spruzzino, del tipo di quelli utilizzati per lavare le foglie delle piante di casa.
Un'alternativa è quella di gettare ¼ di bicchiere d’acqua sulla base o sulle pareti del forno nell’attimo dell’infornamento della teglia.
In entrambi i casi manuali l’operazione va comunque fatta velocemente richiudendo subito lo sportello del forno per mantenere al suo interno il vapore e non far scendere troppo la temperatura interna del forno stesso. Un minimo di vaporizzazione serve anche per rendere lucida la crosta del pane. Se invece si volesse ottenere una superficie rustica della crosta l’operazione va omessa.
Per maggiori informazioni vedi fra gli approfondimenti il nostro articolo suAttenti al vapore!

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2. TOGLIERE LA TORTA DALLO STAMPO: che cosa vuol dire "imburrare" le teglie o gli stampi?
Letteralmente significa spalmare un leggero strato di burro nelle tortiere o negli stampi dei dolci prima di versarvi la massa che poi verrà infornata. Infatti nei dolci montati (da forno), il cui impasto è semi-liquido e si cola negli stampi, tale tecnica viene utilizzata per evitare che il dolce si attacchi allo stampo. Al posto del burro si può usare qualsiasi altro olio da cucina. Anche le teglie per la pizza al trancio o su cui si pone il pane in forno necessitano di essere adeguatamente oliate, in questo caso con una leggera patina di olio di oliva. In commercio esistono pure, in confezione spray, dei liquidi a base di oli vegetali e lecitina di soia (che formano in sostanza una emulsione liquida), pratici da utilizzare, che si spruzzano sulla parte interna degli stampi e sono molto più efficienti del burro. Tali prodotti si chiamano "staccanti spray". Anche noi abbiamo una recensione simile che potrebbe interessarti!

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3. LIEVITAZIONE A TEMPERATURA AMBIENTE: che cosa significa mettere a lievitare il pane coperto con "teli di plastica", "pellicole trasparenti" o "canovacci/panni da cucina"?
La lievitazione è un processo molto importante. Durante tale processo la superficie del prodotto lievitato (pane, croissant, ecc.) non deve seccarsi, cioè “non fare la pelle”,  altrimenti tende a non sviluppare, poiché la crosticina che si forma è di ostacolo ad uno sviluppo ideale del prodotto. A livello professionale si usa mettere il prodotto a lievitare dentro una cosiddetta “cella” o “camera” di lievitazione, in cui sono controllati sia la temperatura sia il grado di umidità. In sostituzione, ricoprendo il prodotto con un telo di plastica, l’acqua contenuta nell’impasto tende ad evaporare, anche se in modo non percettibile all’occhio umano, ma il telo di plastica la trattiene umidificando il prodotto in superficie e quindi mantenendola morbida ed elastica.
Un'altra funzione identica si ha con l’utilizzo di un canovaccio o un panno di tela leggermente umido.
C'è anche chi ha l'abitudine, peraltro corretta, di far lievitare un impasto dalla pezzatura medio-grande su una classica ciotola in vetro (unta sulla base con un velo d'olio) o su un cestino di vimini (sopra un telo infarinato), ricoprendolo poi con una pellicola trasparente fino al raggiungimento almeno doppio del volume prima d'infornare. Se poi però si adotta la pratica di fare dei piccoli buchi sulla pellicola con uno stuzzicadenti, per favorire il passaggio dell'aria, la superficie della pasta potrebbe fare la "pelle" rischiando di ottenere l'effetto citato in precedenza.
Infine per chi volesse, una buona norma da adottare, sarebbe che all’inizio della lievitazione - fatta a temperatura ambiente - la superficie della pasta venisse leggermente bagnata di un velo d'acqua con un pennello, prima di coprire il tutto con il telo di plastica o il canovaccio.
Per maggiori informazioni vedi fra gli approfondimenti il nostro articolo suConsigli pratici per una corretta lievitazione

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4. TEMPERATURA DI LIEVITAZIONE: qual'è la migliore temperatura di lievitazione?
La migliore temperatura di lievitazione è quella in cui i lieviti producono bene il gas che fa lievitare il prodotto in lievitazione e si aggira sui 28-32 gradi centrigradi. A livello professionale si usa la cosiddetta "cella" o "camera" di lievitazione, che è a temperatura controllata. Per uso casalingo, in estate, la temperatura ottimale è quasi quella ambiente, in inverno invece è bene far lievitare il prodotto nei pressi di un radiatore acceso o altra fonte di calore (comunque ricoperto da un telo di plastica), oppure mettendolo all'interno del forno, scaldato pochissimo (in tal caso esiste però l'inconveniente che ultimata la lievitazione il forno non sia pronto per la cottura, a meno che tale operazione non sia fatta parzialmente, cioè solo per la prima mezzora iniziale).

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5. FUNZIONE DEL GLUTINE: che cos'è la "maglia glutinica"?
Durante l'impastamento la farina assorbe l'acqua. Le proteine della farina in questa fase si allungano e si intrecciano fino a formare la cosiddetta "maglia glutinica", una vera e propria rete assimilabile per la sua struttura ad un tessuto. La maglia glutinica tratterà poi il gas prodotto dai lieviti; quindi migliore sarà la maglia glutinica, migliore sarà la lievitazione del prodotto.
Per maggiori informazioni vedi fra gli approfondimenti il nostro articolo su
La maglia glutinica”.

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6. FUNZIONE DEL LIEVITO: qual'è l'azione del lievito di birra nell'impasto?
Il lievito di birra si chiama così perché originariamente veniva estratto dai residui della lavorazione della birra. Attualmente il lievito utilizzato in panificazione e pasticceria è un fungo monocellulare della specie "saccharomyces cerevisiae" che, immesso nell'impasto, a determinate temperature, produce tra l'altro anidride carbonica, un gas che si dissolve inizialmente nella pasta e successivamente, una volta saturate tutte le porosità dell'impasto, comincia ad esercitare una pressione sulla maglia glutinica che permette il rigonfiamento della pasta. Avviene in tal modo il processo di lievitazione, mentre poi con la cottura i lieviti vengono rapidamente uccisi. In commercio si trova soprattutto il lievito di birra fresco compresso con scadenza limitata, mentre nella nostra linea consigliamo per praticità l’utilizzo del lievito di birra secco (confezionato sotto vuoto), che va dosato nella misura di 1/3 rispetto a quello fresco compresso, ed essendo di tipo istantaneo – che si attiva subito – non richiede assolutamente di essere idratato prima, cioè preventivamente sciolto in acqua.
Per maggiori informazioni vedi fra gli approfondimenti i nostri articoli suIl lievitoe su "Il lievito questo illustre microrganismo"

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7. CONSERVAZIONE DEL LIEVITO: perché il lievito va conservato in frigorifero?
Lo stato di conservazione del lievito, e quindi la sua capacità fermentativa, dipendono dall'umidità, dall'aria, ma soprattutto dalla temperatura. A temperature di 28-32°C il lievito si riproduce e fermenta in maniera ottimale ed è per questo che si pone la pasta contenente il lievito a lievitare a tali temperature. A temperature basse, da 1°C a 4°C, il metabolismo del lievito è pressoché bloccato ed è proprio a queste temperature che si suggerisce di conservare il lievito in vista del suo utilizzo, cioè in frigorifero.

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8. CARATTERISTICHE (E TEMPERATURA) A FINE IMPASTO: che cosa significa impastare l'impasto del pane fino ad ottenere un "impasto liscio, omogeneo ed elastico"?
Quando un impasto diventa liscio, omogeneo ed elastico, salvo casi specifici e particolari molto idratati, significa che la sua "maglia glutinica" è a buon punto e l'impasto è pronto per le successive lavorazioni. Il risultato è che si arrotonda bene “a palla o a boccia” e con un minimo di pratica ci riescono tutti. L’importante è che con tale operazione non faccia le “bolle”, segnale di un impasto abbastanza caldo o lavorato troppo. La temperatura ottimale di un impasto lavorato sarebbe quella di non superare i 26-27°C a fine impasto, soglia di moltiplicazione ideale delle cellule del lievito. Con un impasto troppo freddo la lievitazione sarà rallentata, penalizzando il glutine, mentre con un impasto eccessivamente riscaldato la maglia glutinica diventerà troppo rigida e parzialmente strappata. E' per questo che nelle stagioni estive è consigliato impastare con acqua fredda, perfino con acqua ghiacciata se le temperature sono torride e gli ambienti surriscaldati; viceversa, d'inverno - in taluni casi - si fa l'operazione contraria aggiungendo acqua tiepida. Per verificare la formazione ottimale della maglia glutinica si prende un brandello di impasto e lo si stiracchia delicatamente con le mani, in tutte le direzioni. La maglia glutinica è formata quando si riesce ad intravedere, prima di lacerarsi, una pellicola di impasto molto sottile e semi-trasparente.

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9. LE PIEGHE NELLA PASTA SFOGLIA: che cos'è una piega semplice ed una piega doppia?
Nella preparazione della pasta sfoglia o dei croissant, la materia grassa (il burro o la margarina) vengono avvolte nella pastella (impasto di farina, acqua, sale, eccetera), che poi viene progressivamente "sfogliata" ovvero ridotta a strati sottilissimi. La sfogliatura si ottiene spianando l'impasto (pastella+materia grassa) con il mattarello (a livello professionale si usa la "sfogliatrice") ad uno spessore opportuno (dipende dalla quantità della massa) e poi "girato" dando appunto le cosiddette "pieghe". Il procedimento è il seguente: dopo la prima piega, l'impasto viene ancora spianato e quindi viene ancora piegato e così via, tante volte quanto è indicato nella preparazione della ricetta. Si definisce piega semplice (o piega a 3) la piegatura dell'impasto su sè stesso formando 3 strati: si prende un lembo e lo si piega fino a farlo combaciare ad un lunghezza di circa 2/3 dell'impasto, quindi il lembo opposto viene piegato sul lembo girato. Si definisce piega doppia (o piega a 4) la piegatura dell'impasto su sè stesso formando 4 strati: si prende un lembo e lo si piega fino a farlo combaciare con la metà dell'impasto, lo stesso con l'altro lembo, infine la metà dell'impasto piegato viene sovrapposto sull'altra metà.

Esempio di piega semplice:

 

Esempio di piega doppia:

 

Per maggiori informazioni vedi fra gli approfondimenti il nostro articolo su "La preparazione di Sua Maestà la Pasta Sfoglia".

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10. SAC A POCHE: che cos'è il sacchetto del pasticciere?
Il sacchetto o tasca del pasticciere, in francese detto "sac à poche", è un imbuto di stoffa cerata o di materiale similare, molto resistente alla pressione. Nella punta, opportunamente tagliata, viene infilato un beccuccio o una bocchetta, che possono essere di varie forme, tonde, rigate o a stella. Il sacchetto viene quindi utilizzato per riempirlo di crema, cioccolata, panna o altra massa morbida. Premendo opportunamente il sacchetto con le mani, dal beccuccio fuoriesce la massa prescelta che servirà per farcire o per decorare le torte e i dolci.

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11. TEMPERATURE DI COTTURA: qual'è la temperatura ottimale di cottura?
Non esiste una temperatura ottimale di cottura. La regola generale è che più alta è la temperatura più si forma la crosta e ciò non è indicato ad esempio nei panini. Tecnicamente il prodotto è cotto quando la temperatura interna della pasta raggiunge i 95°C e chi ha un termometro a sonda può verificarlo.
Generalmente la temperatura di cottura varia da 180°C a 220-230°C, ma ci possono essere lavorazioni che arrivano anche a 250°C, come nel caso della pizza.
Nei forni elettrici casalinghi una tecnica consolidata consiglierebbe di infornare alla massima temperatura (250°–220°C a seconda della regolazione dei forni in commercio) e dopo 5–10 minuti abbassare di almeno 20°C per poi pian piano calare ancora fino a cottura definitiva.
p/s: ad esempio, per le meringhe invece la temperatura è molto bassa (70-80°C) poiché il prodotto non si deve cuocere ma seccare.

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12. TEMPI DI COTTURA: qual'è il tempo ottimale di cottura?
Non è possibile definire un tempo di cottura generale. Esso dipende dalla grandezza del pane, della focaccia o del dolce da cuocere e dalla temperatura di cottura. In linea generale, più le pezzature sono piccole minore è il tempo di cottura. Ad esempio, alle temperature normali, un pane da Kg 1, o un panettone, richiedono circa 1 ora di cottura mentre un panino 20-30 minuti.
Oltre alla pezzatura, un’altra variabile del tempo di cottura dipende dalla taratura, cioè dai gradi effettivi del forno di casa, che sarebbe meglio controllare con un apposito termometro per una reale conoscenza.
I forni elettrici casalinghi possono essere statici o ventilati. Su quello statico il pane in cottura asciuga più lentamente, mentre sul ventilato, che conferisce un calore più uniforme, asciuga più velocemente e quindi la temperatura del ventilato andrebbe abbassata di circa 20°C rispetto allo statico.
La consuetudine e la familiarità con il proprio forno sono sicuramente i migliori alleati per una cottura ottimale, facendo attenzione a non fare prendere velocemente troppo colore al pane e ad aprire lo sportello del forno solo dopo almeno 15-20 minuti di cottura, a sviluppo già completato e ad inizio doratura.
Un sistema pratico di sapere se il pane è cotto è quando il fondo “canta”, cioè al bussare del fondo con le nocche delle dita emette un suono a vuoto. La perdita del peso finale cotto, rispetto all’impasto crudo, dovrebbe essere di circa il 20-25%.

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13. QUANTITA' VARIABILE DEI LIQUIDI: perché spesso nelle ricette la quantità dell'acqua o di altri liquidi è preceduta dal termine "circa" o da un range (minimo/massimo)?
In genere una ricetta viene testata da chi la propone. L'aggiunta dell'acqua o di altri liquidi è indispensabile, oltreché per garantire l'impastamento della farina e degli altri ingredienti in polvere, anche per dare la giusta consistenza all'impasto. Spesso però taluni ingredienti (soprattutto la farina, ma anche alcuni altri cereali), che sono materie prime "vive", possono modificare la loro capacità di assorbimento in funzione del tipo di macinazione, delle modalità di stoccaggio e di altre variabili (ad esempio la stagionalità ed il grado di umidità), per cui la quantità di acqua o liquidi può richiedere un leggero aggiustamento in più o in meno rispetto a quello indicato nella ricetta, che si impara con un minimo di esperienza.
Per questo è importante usare l'attenzione di aggiungere l’acqua nell’impasto in modo graduale e progressivo per un assorbimento ottimale dei liquidi.
Fra l’altro poi ognuno ha comunque le sue abitudini consolidate, c’è chi preferisce un impasto più duro e chi invece più morbido. A seconda della consistenza dell’impasto variano però a sua volta resa, sviluppo e alveolatura interna.
Se infine si usa la macchina del pane, di solito sarebbe meglio abbassare leggermente la quantità di acqua del dosaggio consigliato. Il gancio o paletta della macchina lavora meglio con impasti di una consistenza leggermente superiore allo standard di lavorazione.

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14. QUANTO BASTA: che cosa significa "q.b." riportato in certe ricette?
L'acronimo "q.b." sta a semplificare il termine "quanto basta". E' un suggerimento generico che lascia libertà di dosaggio di una determinata materia prima prevista nella ricetta prescelta. Spesso è riferito alla quantità di aromi, di frutta o altri elementi decorativi o di farcitura. In altre parole la loro quantità, talvolta modica, può variare a seconda dei propri gusti personali.

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15. CARTA DA FORNO: che cos'è la carta da forno, oppure ci sono soluzioni alternative, dove posare a lievitare il pane?
È un tipo di carta siliconata che resiste alle alte temperature senza prendere fuoco. Opportunamente "scrostata" si può riutilizzare purché il colore non degeneri troppo verso il colore marrone.
Comunemente il pane fatto in casa si mette a lievitare per comodità sulla teglia ricoperta da apposita carta da forno, ma in alternativa – senza impiego di carta da forno – la stessa teglia può essere leggermente oliata spalmando con le mani un velo d’olio su tutta la superficie, tecnica usata anche per la pizza al trancio.
C’è anche chi, dopo la spalmatura dell’olio, spolvera la teglia con un po’ di farina.
Così l’utilizzo della teglia con il pane già lievitato e pronto da infornare è una soluzione ideale.

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16. TEMPI DI IMPASTO: che cosa vuol dire "impastare per il tempo strettamente necessario"?
È una raccomandazione generalmente indicata nella preparazione della pasta frolla, frollini o biscotti. A differenza di un impasto lievitato, è necessario amalgamare bene l'impasto ma facendo attenzione a non riscaldarlo troppo con le mani, la cui parte grassa potrebbe ungere l'impasto o addirittura sciogliersi, pregiudicando la buona riuscita del dolce.

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17. RIPOSO DELL'IMPASTO: che cosa vuol dire "lasciare riposare" l'impasto?
È una espressione generalmente raccomandata nella lavorazione del pane o di altro impasto lievitato. Significa che una volta impastato o sagomato, a seconda di quando indicato in ricetta, è opportuno non toccare più l'impasto per un certo periodo di tempo, al fine di permettere all'impasto di stabilizzare correttamente la "maglia glutinica".
Per cui  è sempre consigliato osservare, come indicato nelle modalità di preparazione, un riposo della pasta tra la fine dell’impastamento e la successiva formatura, mettendola in una ciotola o in una bacinella opportunamente infarinate con l’avvertenza di coprirle con un telo di nylon o un canovaccio.

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18. LAVORAZIONE SUL TAVOLO: che cosa significa stendere l'impasto su un "tavolo infarinato"?
Per la lavorazione degli impasti, specie durante la laminazione della sfoglia o la formatura delle pezzature di pane, è bene posare l'impasto su un ripiano opportunamente spolverato con della normale farina di frumento. È sufficiente una leggera spruzzatina di farina lanciata sul ripiano con le mani, in modo da formare un velo che evita all'impasto umido di appiccicarsi al ripiano agevolando il lavoro. A maggior ragione l'operazione è necessaria se l'impasto risulta volutamente morbido e colloso. Il ripiano può essere un tavolo ben pulito oppure una apposita tavoletta del tipo di quelle usate per impastare la pizza.

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19. LIEVITAZIONE ACCELERATA: come fare per accelerare la lievitazione casalinga in caso di necessità?
Ci sono dei sistemi molto semplici e tutti validi per velocizzare la lievitazione:
usare l’acqua dell’impasto leggermente tiepida, aggiungere dello zucchero all’impasto, diminuire la percentuale di sale, aumentare la quantità di lievito nella ricetta. Un sistema adottato da molti appassionati di cucina è quello di sciogliere il lievito di birra fresco in acqua tiepida/calda insieme ad un pizzico di zucchero, non a diretto contatto con il sale, con il risultato di attivarlo subito.
Un’altra soluzione è quella di mettere la teglia a lievitare nelle vicinanze di una fonte di calore, ad esempio davanti ad un termosifone d’inverno, oppure in prossimità delle bocchette di un forno ventilato.

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20. LIEVITAZIONE PRONTA PER L'INFORNAMENTO: come si riconosce che l'impasto di pane, croissant, ecc. è lievitato, pronto per la cottura?
Solitamente la pasta dovrebbe almeno più che raddoppiare di volume in lievitazione, anche se in alcuni preparati ricchi di fibre e semi lo sviluppo rimane ovviamente più contratto.
La durata della lievitazione casalinga fatta a temperatura ambiente dipende sempre da diversi fattori (temperatura dei locali, temperatura della pasta, tempi di impasto, ecc.) e quindi i tempi indicati in etichetta sono orientativi, se non vengono seguite le istruzioni di una corretta lavorazione.
Il metodo empirico per capire se il pane è arrivato alla giusta lievitazione ed è pronto per essere infornato, è quando si esercita una piccola pressione della pasta con il tatto del polpastrello delle dita, e la “fossetta” che si forma si ritrae e ritorna pian piano indietro evidenziando un minimo di elasticità. Se invece la fossetta rimane segnata sulla pasta significa che la lievitazione è andata oltre e allora bisogna infornare immediatamente prima che sia troppo tardi.
Nel caso dei croissant, essi raggiungono la giusta lievitazione quando “ballano” sulla teglia mossa lievemente per un controllo e sono così leggeri da essere alzati con mano delicata.

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21. INCISIONE DEL PANE: come e quando incidere il pane in superficie?
A piacimento, prima della cottura, il pane lievitato può essere personalizzato in tanti modi per renderlo presentabile esteticamente. Dopo aver tolto il telo di nylon o il canovaccio che ricopriva la teglia in lievitazione, si lascia per qualche minuto ad asciugare la pasta e poi con la punta di un coltello ben affilato si va ad incidere la superficie nei tagli voluti: a quadrettoni, a strisce, longitudinalmente, a croce, ecc.
Se invece si vuole che in cottura il pane ”sbocci” liberamente, all’inizio della lievitazione anziché porre le pezzature comunemente sulla teglia esse vanno messe a lievitare su un’asse di legno/un tavolo infarinato, oppure se l’impasto è di medio/grossa pezzatura (ad esempio: per una pagnotta) su una ciotola anch’essa infarinata, con il taglio sul fondo rivolto verso il basso, ovviamente ricoperte. A lievitazione conclusa, prima dell’infornamento, la pasta va girata con abilità deponendola sulla teglia, come accennato al punto 15), con il taglio verso l’alto, che poi si aprirà durante la cottura.

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22. LAVORAZIONE MANUALE: come devo impastare a mano se non ho una impastatrice?
Chi esercita la professione in panificazione e pasticceria è attrezzato di planetarie e impastatrici meccaniche a più velocità (a spirale, a tuffante, ecc.), mentre per piccole produzioni esistono in commercio delle planetarie/impastatrici domestiche con gancio e frusta, tipo Kitchen Aid.
Se invece dovete lavorare manualmente nel fare pane o pizza, l’impasto con tutti gli ingredienti solidi, amalgamati assieme, va inizialmente “girato” con un mestolo o un cucchiaio, aggiungendo l’acqua gradatamente e progressivamente fino al totale assorbimento dei liquidi (prima eventualmente l’olio d’oliva e poi l’acqua), e poi “domato” con le mani per il tempo occorrente ad ottenere un impasto liscio, omogeneo ed elastico, aiutandovi al bisogno con lo spolvero di un po’ di farina sul tavolo se fosse ancora troppo morbido.
Alla fine dovete, in ogni caso, solo arrotondarlo “a palla o a boccia” , detta anche "tornitura" (per dare forza all'impasto) e metterlo a riposare prima della formatura e della successiva lievitazione.
Per ottenere l'arrotondamento potete usare la tecnica della "piegatura", ovvero stendere l'impasto su un piano infarinato e con una delicata destrezza di mani e dita dare una serie di pieghe semplici successive, ruotando più volte sia l'impasto di 90°, sia capovolgendolo, sino ad ottenere una palla di pasta quasi regolare, per terminare infine la rotondità con una roteazione più o meno tenace delle mani sul banco di lavoro.
Nel caso, infatti di impasti leggermente “molli” e/o collosi, o con poca forza glutinica, c’è chi usa fare alcune“pieghe semplici a 3” (vedi al precedente punto 9) prima di effettuare l’arrotondamento.
Terminato il breve periodo di riposo, cominciate la spezzatura e la relativa formatura a vostro piacimento: a panino, a filoncino, a pagnotta, a bauletto, ecc.

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23. LIEVITO MADRE: cosa succede se si volesse sostituire il lievito di birra con il lievito madre?
Se si vuole sostituire nei nostri preparati per pane il lievito di birra con il vostro lievito madre non c’è nessun problema nelle modalità di lavorazione.
La proporzione è di gr. 1 di lievito di birra fresco e gr. 10 di lievito madre, quindi – tenuto conto di un dosaggio medio di gr. 30 di lievito di birra fresco per chilogrammo di prodotto, la soluzione media alternativa o sostitutiva è di circa gr. 250-300 di lievito madre per Kg. 1 di preparato, modificando ovviamente la quantità d’acqua per ottenere la consistenza desiderata. In questo modo cambiano però i tempi di lievitazione che si allungano anche di molto, a seconda della maturazione e forza del vostro lievito madre.
Per maggiori informazioni vedi fra gli approfondimenti il nostro articolo suLa pasta madre (o lievito naturale)

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24. PANE IN CASSETTA O "A BAULETTO": per quale tipo di farina o preparato per pane è consigliata la forma “a bauletto”?
La forma “a bauletto” o “a cubo” è caratteristica delle macchine per il pane, in cui basta mettere nel cestello il preparato con lievito ed acqua (e/o olio di oliva) e selezionando il programma desiderato fa tutto la macchina in sequenza, dall’impasto iniziale fino alla cottura finale, lievitazione compresa.
Basterà solo prendere un po’ di confidenza con il modello di macchina acquistata e non ci saranno problemi di alcun genere con i nostri preparati, adatti all’uopo. Se invece si impasta a mano, un discorso a parte merita la formatura a “bauletto” per determinati preparati a basso tenore di glutine, oppure senza glutine. In questo caso la soluzione ideale di lievitazione e cottura diventa proprio l’utilizzo di uno stampo rettangolare per plum cake o pane in cassetta, in alluminio o materiale corrispondente, perché soprattutto all’interno di tali stampi l’impasto lievita meglio, senza "collassare", consentendo di raggiungere un risultato finale apprezzabile di un pane da tagliare a fette.

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25. INFORNARE E CUOCERE LA PIZZA: in mancanza di un forno da pizza con platea o piastra in pietra refrattaria, come potrebbe essere fatta una cottura alternativa in un forno domestico?
La cottura ideale di una pizza rotonda (al piatto) o di una pinsa (focaccia) romana, a differenza della pizza al trancio o in teglia, sarebbe quella di disporre di un forno da pizza elettrico o a legna con la platea in pietra refrattaria, in modo da cuocere la pasta a contatto diretto con il calore sottostante. In mancanza di ciò bisogna un po’ ingegnarsi con il forno di casa adottando alcuni semplici escamotage per ottenere un risultato più che discreto. Innanzitutto per praticità sarebbe utile avere una pala di piccole dimensioni e con manico corto; poi si procede a preriscaldare il forno alla massima temperatura (alcuni arrivano a 250°C, altri a 220°), con modalità statica ed irraggiamento contemporaneo delle resistenze “sopra/sotto”, comunque senza ventilazione. L’infornamento andrebbe fatto evitando la cottura iniziale della pasta sulla teglia, posando invece con la pala il pastello direttamente sulla base inferiore del forno, a stretto contatto con il calore del fondo stesso. Nel caso della pinsa romana non sarebbe controindicato praticare anche un vapore iniziale con un normale spruzzino d’acqua per ottimizzare l’alveolatura interna (vedi domanda nr. 1). Subito dopo sarebbe meglio modificare la funzione del forno escludendo la cottura della serpentina inferiore e lasciando attiva solo quella superiore. Quando poi lo sviluppo della pizza o della pinsa si sarà stabilizzato, cioè dopo 5-10 minuti, per evitare che prenda troppo colore sul fondo si può velocemente adagiare su una teglia posta al centro, a metà altezza del forno, con contemporaneo ripristino della cottura “sopra/sotto”, fino al suo completamento.

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26. CORRETTO ASSORBIMENTO DEI LIQUIDI: perché è importante aggiungere gradatamente i liquidi, soprattutto l’acqua, all’impasto secco?
La problematica, quando la quantità dei liquidi nella ricetta risulta variabile ed oscillatoria (ad esempio: gr. 500 circa), è già stata affrontata nel precedente punto 13). Quasi sempre però nei dosaggi consigliati in etichetta viene indicata una quantità di liquidi (acqua, olio o uova) precisa e ben definita da rispettare, che tuttavia sottintende anche in questo caso una implicita tolleranza legata a diversi fattori esterni, visto che l’arte culinaria non è una scienza esatta matematica. Infatti l’operatore professionale, fornaio o pasticcere, che conosce bene il suo mestiere, sapendo quanto sia di fondamentale importanza il giusto assorbimento dei liquidi nell’impasto per ottenere un buon risultato finale, usa l’accortezza e l’abitudine di aggiungere l’acqua gradatamente fino ad una ottimale idratazione degli impasti. Può talvolta succedere che ci sia bisogno di mettere un po’ meno acqua (di solito max. 5% circa), oppure di aggiungerne un po’ di più rispetto alla quantità prevista, e l’esperienza in questi casi aiuta molto. Tutto ciò è soprattutto dovuto ad alcuni elementi variabili da considerare: umidità del prodotto impiegato; temperatura e tempi di stoccaggio del prodotto; stagionalità di produzione delle farine contenute nel prodotto. Pertanto una pratica che sconsigliamo è quella di gettare subito sull’impasto secco (in polvere) tutta la quantità totale dichiarata dei liquidi. Altro errore possibilmente da evitare è quello di mettere prima i liquidi e poi aggiungere la materia in polvere “a pioggia”.

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27.LAVORAZIONE CON MACCHINA DEL PANE: quali sono alcuni accorgimenti per una lavorazione ottimale dei nostri preparati con la macchina del pane?
Al precedente punto nr. 13 avevamo già accennato che con l'uso della macchina del pane in alcuni casi sarebbe meglio abbassare leggermente (circa – 5%) la quantità di acqua consigliata in etichetta nei nostri preparati. Il semplice motivo di questo accorgimento è legato al gancio o aletta della macchina che lavora meglio con impasti di una consistenza leggermente maggiore e più sostenuta, rispetto ad un impasto più idratato con lavorazione manuale o con impastatrice. Questa operazione andrebbe fatta soprattutto se il preparato contiene semi e/o fiocchi integrali. Un corretto assorbimento dei liquidi sta infatti alla base del risultato finale ottimale con la macchina del pane.

Inoltre, usando i nostri preparati, che hanno una resa in sviluppo soddisfacente, sarebbe meglio scegliere un dosaggio medio (max. gr. 750), evitando quello da Kg. 1, per non correre il rischio che raggiunga lo sportello superiore e che di conseguenza si affossi al centro se lo tocca.

Ogni macchina prevede l'impostazione di programmi specifici di lavorazione (pane bianco, integrale, ecc.), digitando pure la quantità di pezzatura, il grado di cottura, ecc. Con i nostri preparati, seguendo l'ordine degli ingredienti da inserire nel cestello, va bene iniziare mettendo prima i liquidi (acqua e/o olio evo) per poi aggiungere la farina, cioè il preparato, insieme al lievito di birra. Trattandosi di miscele ben bilanciate il lievito può essere inserito assieme al preparato, ma se per consuetudine il lievito viene aggiunto per ultimo non c'è nessuna controindicazione!

Un capitolo a parte riguarda i preparati caratterizzati da impasti leggermente o parecchio collosi (ad esempio se contengono un'alta percentuale di farina di segale). In questo caso, durante la fase iniziale d'impasto, può succedere che la pasta tenda a restare attaccata alle pareti del cestello e quindi sarebbe consigliato monitorare la prima fase di lavorazione ed eventualmente aiutare la pasta con una spatola morbida, aprendo il coperchio della macchina in azione.

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